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Psicoanalisi Oggi

L'attualità della psicoanalisi
A cura di Rosa Elena Manzetti con la collaborazione di Mary Nicotra

Psicoanalisi Oggi

27 Maggio 2012

Approccio alle psicodinamiche familiari

In due secoli siamo passati dalla giustificazione religiosa della famiglia alla giustificazione della famiglia da parte del diritto. E abbiamo lungo questi anni spesso sentito parlare della sparizione della famiglia e della necessità di difenderla e sostenerla con politiche ad hoc.

Approccio alle psicodinamiche familiari

 

Infatti il XX° secolo è stato segnato da una mutazione, conseguenza di una rivoluzione voluta dagli umani e resa possibile dalla scienza: prima di tutto la contraccezione, poi le tecniche di procreazione medicalmente assistita, hanno permesso di separare radicalmente il concepimento e l’incontro sessuale dei due partner di genere differente.

A seguito della separazione radicale della procreazione, della sessualità e della filiazione,  operata dalle scoperte scientifiche, capita di sentire addebitare alla scienza la rovina stessa della famiglia, poiché avrebbe lasciato libero sfogo al godimento di ciascuno a svantaggio dei legami. La questione non è questa.

Certamente questi cambiamenti fondamentali hanno toccato e toccano quell’istituzione che chiamiamo famiglia e in modo più ampio le strutture della parentela e le forme di legame.

Tuttavia non è per niente sicuro che l’istituzione famiglia sia in via di sparizione. Anzi possiamo forse dire che nella sua forma più ristretta, quella della famiglia coniugale, la famiglia è più che mai popolare. Infatti persino coloro che sembravano esserne molto lontani, come gli omosessuali dei due sessi, da diverso tempo lottano per vedersi riconosciuto il diritto al matrimonio e quindi alla formazione di una famiglia. Il diritto di avere una famiglia, dal matrimonio alla genitorialità, è stata ed è una delle grande rivendicazioni del nostro tempo da parte di coloro che si riconoscono nella omosessualità.

Perciò l’istituzione famiglia si rivela piuttosto seducente, ma certo allo stesso tempo si rivela trasformata nelle sue forme. Essa tuttavia resta sempre nella sua struttura una medaglia a due facce: da una parte luogo di interdizione del godimento, tendente verso la legge e l’ideale, dall’altra luogo in cui si può godere della sparizione stessa dell’interdizione, che tende verso una forma civilizzata e frammentata di godimento.

E’ certo che la società si è sempre organizzata a partire da un modello familiare. Per chi come me ha letto Freud questo non è sorprendente, poiché la psicologia collettiva deve molto alla organizzazione dell’io che si istituisce per ciascuno a partire dai rapporti di base familiari. In gruppo spesso ci comportiamo come in quella cellula collettiva primaria che è la famiglia.  Tuttavia i bambini di una stessa famiglia non hanno gli stessi comportamenti, lo stesso stile, le stesse difficoltà nel rapporto con gli altri. Questo ci costringe a precisare che quindi la famiglia, prima di essere una realtà sociale, è una realtà psichica, una realtà principalmente immaginaria e fantasmatica. Freud, che l’aveva capito presto, considerava che la famiglia per ciascuno fosse prima di tutto un mito individuale. Ciascuna costruisce un romanzo familiare e lo traspone nella sua vita sociale. La famiglia in questo senso è qualcosa di molto intimo.

Lacan affermava che la famiglia è il residuo di una storia molto variegata e discontinua. Ciò che oggi sussiste è tuttavia qualcosa di importante per il fatto che è all’interno della sua istituzione che si mantiene e si trasmette quel qualcosa di molto fragile che si chiama desiderio, senza il quale non è possibile che si costituisca alcun soggetto. 

La sola alternativa alla famiglia che si è cercato di  immaginare, persino di realizzare qualche esperimento soprattutto su animali in questi anni, è la clonazione.

Si potrebbe definire la famiglia un’istituzione per trattare la differenza dei sessi e quella delle generazioni. Fondata su queste differenze, essa è contemporaneamente una costruzione artificiale che vela il reale che causa quelle differenze.

Gli universi soggettivi della sessualità, della procreazione, della nascita, della filiazione, il modo in cui sono interpretati da ciascun soggetto, non hanno niente in comune (come dimostrano le teorie sessuali dei bambini), se non  il fatto di girare intono al reale dell’origine. Ne consegue che ciascuna concezione, idea, un soggetto abbia in proposito si rivela una soluzione inventata per rimediare al fatto  che ci sono questioni, come quella dell’origine, che restano senza risposta risolutiva, definitiva, sfociando piuttosto ogni volta su un reale enigmatico. Su questo reale enigmatico dell’origine, di fronte al quale si può provare angoscia, sono costruite tutti i miti della nascita per esempio, ma anche tutti i miti costruiti sin dall’antichità che mirano a dare significato ai legami familiari. In fondo che si racconti a un bambino che è nato sotto un cavolo, che l’ha portato la cicogna o un mezzo di trasporto più moderno o che è nato dalla congiunzione carnale tra quell’uomo che è suo padre e quella donna che è sua madre (e via tutta la spiegazione scientifica), mette in luce che dove c’è qualcosa di inspiegabile,  qualcosa che è più inerente al desiderio che non ai meccanismo fisio-biologici, l’essere parlante tende ad acquietarsi inventando un mito, una favola, una costruzione immaginaria, usando come materiale il linguaggio.

Il complesso di Edipo, che prende il nome dalla tragedia di Sofocle l’Edipo re, è il nome che Freud dà all’operazione che permette, a noi soggetti dell’umana specie, di mettere in atto dei legami d’amore ma anche di odio. Lacan metterà in rilievo nel corso del suo insegnamento, che l’Edipo è un mito, appunto il mito individuale del nevrotico.  Ma è un mito che mette in rilievo, come dicevo, delle operazioni specifiche, che costituiscono una struttura simbolica delle relazioni familiari, perciò di tutti i legami che caratterizzano la vita di un soggetto. 

In analisi si può a volte giungere sino a levare il velo del mito individuale che ci si era costruito per velare il reale enigmatico dell’origine e distinguere quindi, per quanto concerne la famiglia, il versante delle parvenze, dei miti, delle sembianze simboliche dal versante del godimento che ne è piuttosto il rovescio.

Nella clinica dobbiamo quindi orientarci a partire da una concezione della struttura familiare che non ha niente a che fare con una concezione naturale e/o fenomenologica. Le procreazioni medicalmente assistite in fondo rivelano la portata sia della differenza sessuale sia della differenza generazionale e inoltre che di nessuna procreazione abbiamo la rappresentazione. Abbiamo una data di nascita, ma non abbiamo una precisa data, del momento di concepimento e anche quando l’avessimo ci resterebbe ancora sempre enigmatica la causa che ha reso possibile il concepimento. Le procreazioni medicalmente assistite ci costringono a rappresentarci l’irrappresentabile, ma sono una falsa risposta a una vera questione impossibile, quella dell’origine e della procreazione.

Intorno a questo impossibile, come ho già detto, vengono a condensarsi tutte le teorie sessuali infantili, proprie a ciascun parlante che sia genitore oppure no, caratterizzate dal fatto di aggirare il sesso.

In fondo le procreazioni artificiali mettono in rilievo la netta distinzione tra generazione e filiazione, mettendo in primo piano quest’ultima, la sola a fondarsi su dei riferimenti simbolici, punti di riferimento per la psicoanalisi.

E’ come dire che la biografia non è riducibile alla storia degli accadimenti, poiché ciò che determina la biografia di ciascun soggetto è innanzi tutto il modo in cui si sono presentati i desideri del padre e della madre, vale a dire, come diceva Lacan, il modo in cui essi hanno offerto al soggetto il sapere, il godimento e ciò che causa il desiderio.  Il modo di questa offerta condizionerà ciò che ne sarà del nuovo venuto come soggetto, lui che deve realizzarsi come soggetto a partire dallo statuto di oggetto di desiderio dell’Altro.

E’ tanto vero che la biografia non è soltanto la storia degli accadimenti, che infatti tutti i soggetti sin da bambini si sono forgiati un loro romanzo familiare, in cui si inventano genitori diversi dai loro, generalmente piuttosto ideali, rimettendo in gioco le origini della loro nascita. Insomma ciascun soggetto ricompone la sua famiglia.  E d’altronde capita ai genitori stessi di considerare di non avere i figli che riterrebbero di essersi meritati.

Possiamo chiamare ‘romanzo familiare’ l’insieme delle invenzioni, delle fantasie, che sostengono le ricomposizioni e i disfunzionamenti famigliari in favore della scelta dei genitori.

Insomma l’ipotesi del ‘naturale’ non è l’ipotesi su cui si basa la psicoanalisi.

Freud lo ha dimostrato forgiando, come ho già accennato, il mito edipico per rendere conto della struttura che permette la nascita del desiderio e di conseguenza del soggetto che può evolvere verso l’assunzione di responsabilità dei propri atti. 

Oggi il mito edipico, pur restando imprescindibile, non basta più. Il punto di vista della psicoanalisi lacaniana non è di restaurarlo, ma di constatare che oggi è il soggetto ad avere il compito di costituire la propria famiglia, quella che istituisce la distribuzione dei nomi di padre e di madre. E questo compito non è alleviato né dall’azione giuridica né dalla sociologia. La necessità di andare al di là della sociologia e dei suoi apporti è confermata dai soggetti che incontriamo nella pratica clinica.

Il bambino, secondo Freud, sa che deve far coabitare i mostri generati dai fantasmi inconsci, che non smettono di ritornare nella clinica e quindi nella relazione con l’analista, e le idealizzazioni dei genitori.

Bisogna riconoscere che il bambino risponde al desiderio dell’Altro, pagando questo con una ‘libbra di carne’, come diceva Lacan, e che interrogando il desiderio dell’Altro ciò che si tocca è l’angoscia.

La posizione psicoanalitica è quindi quella di mantenere il soggetto a distanza dall’ideale perché possa interrogare il reale in gioco nella sua nascita, che riguarda il desiderio e il godimento di cui è la conseguenza.

Alla fine degli anni ’60 del secolo scorso Lacan interroga l’ideale della famiglia in relazione al fatto che l’Altro, in quanto simbolico, è strutturalmente mancante. Ci sono due modi di tentare di venire a capo di questa mancanza: aggiungere il godimento che fa l’Altro mancante, secondo la via del perverso, per produrre un Altro pieno. A questa via si oppone quella del nevrotico che cerca di completarsi con l’ideale di una famiglia ideale, come sintomo. Si tratta in questo caso di passare attraverso l’altro sesso e di domandare un bambino a una donna, per essere un padre di famiglia.

Dobbiamo riprendere il dramma familiare a partire dal posto di oggetto-tappo che occupa il bambino in relazione alla mancanza dell’Altro, poiché la cosa importante, diceva Lacan,  è se il bambino serve, oppure no, come oggetto transizionale per la madre.

L’accento qui è messo sul bambino, non in quanto preso in un ideale, ma in quanto preso nel godimento, il suo e quello dei genitori. Con questa presenza di oggetto-godimento il bambino satura e colma il desiderio della madre e quindi la sua mancanza. Si produce così la condizione in cui un oggetto (il bambino) risponde all’angoscia legata alla privazione. In questo caso, dice Lacan nella Nota sul bambino, il bambino nel rapporto con la madre le rende immediatamente accessibile ciò che invece manca al soggetto maschile, dal momento che l’oggetto della sua esistenza appare nel reale. Il bambino diventa così l’oggetto-tappo per non percepire la mancanza strutturale che tocca ogni essere parlante. 

La psicoanalisi rifiuta un discorso sulla famiglia che tagli fuori la particolarità del desiderio che ha prodotto un bambino, poiché essa si occupa essenzialmente di ciò che causa i legami, di ciò che li rinnova e di come essi includono un punto di impossibile.

Oggi i nomi di padre e di madre sono trasformati, rimaneggiati da nuove domande e immersi profondamente nel mondo del contratto.

Di fronte a questi rimaneggiamenti  la psicoanalisi, con il suo discorso sul padre e sulla madre, è interpellata: alcuni l’accusano di aver contribuito a distruggere la famiglia, altri al contrario l’accusano di essere conservatrice e di impedire le trasformazioni. Quello che conta non è tanto la messa in luce di come un significante cambi, quanto piuttosto che si riveli l’artefatto dei sistemi familiari.

Nella nostra civiltà assistiamo a un doppio movimento: da una parte l’insieme di pratiche giuridiche rivelano l’arbitrarietà dell’assegnazione di un nome, dall’altro assistiamo alla ricerca forsennata di un fondamento della relazione familiare nella natura.

Quanto più si rivela l’arbitrarietà dei nomi, del simbolico in generale, quanto più si cercano rimedi alle nostre angosce scrutando i cervelli e i loro segreti nei laboratori della scienza per trovarvi un ordine del mondo che permetta di garantire il sistema simbolico dei nomi.

Si dubita sulla capacità del Nome-del-Padre di annodare il nominare e il reale della scienza.

Freud instaura da subito, con la tragedia edipica, il posto del padre come portatore dell’interdetto dell’incesto nell’economia psichica, facendone il perno della costruzione sociale. E’ la sua prima e ultima parola, che riprende ancora in Mosé e il monoteismo nel 1939.

Il primo testo che formula una teoria del padre e della sua funzione è Totem e tabù, che fonda il padre nella sua posizione tragica, irriducibile alla storia e giunge alla fine del saggio a collegarlo al complesso di Edipo. L’essenziale non sta soltanto nel fatto che il padre sia a fondamento della società, della morale, ecc. ma soprattutto nel fatto che il complesso di Edipo lasci una traccia indelebile nella vita affettiva dei soggetti. L’amore e l’odio convergendo legano e slegano i soggetti umani nella loro vita sociale, anche familiare, e sono anche all’origine di tutte le trasformazioni sul posto del padre. Il ritorno del rimosso non smette mai e condiziona tali trasformazioni.

Freud instaura perciò il padre come qualcosa di irriducibile alla/nella storia. L’intervento di Lacan consiste subito nell’immergere il padre nella storia.

Con I complessi familiari, una riflessione sulla clinica e i destini della famiglia in occidente, Lacan prende posizione situando il padre decisamente nella storia. Il complesso di Edipo non è più considerata una invariante nella storia, ma piuttosto qualcosa che dipende dalle forme della civiltà. Egli non è per niente afflitto dai cambiamenti impressi alla famiglia tradizionale e si occupa piuttosto della famiglia come è evoluta nel suo tempo, vale a dire nella sua forma nucleare, quel nucleo minimo di alleanza tra un uomo e una donna.

Soprattutto Lacan, e in generale la psicoanalisi, si occupa sempre e soltanto di ciò che non funziona. E quindi anche per quanto riguarda la famiglia si occupa di ciò che non funziona  nei legami famigliari e nei legami con gli ideali della famiglia.

Secondo Lacan la famiglia nucleare, in quanto residuo della storia, poggia sui nomi di madre, in quanto colei le cui cure portano il segno di un interesse particolarizzato, di padre, in quanto vettore di una incarnazione della legge nel desiderio quindi una umanizzazione della legge che mostra come possiamo servircene. Madre e padre, ridotti alla particolarità del desiderio, diventano quindi quell’articolazione minima in cui si può situare il soggetto. 

 

 

 

Rosa Elena Manzetti

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