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Psicoanalisi Oggi

L'attualità della psicoanalisi
A cura di Rosa Elena Manzetti con la collaborazione di Mary Nicotra

Psicoanalisi Oggi

15 Febbraio 2012

L'atto dello psicoanalista e il desiderio che lo abita

La psicoanalisi è un sintomo, come tutte le altre produzioni umane, ma allo stesso tempo è anche differente da tutte le altre produzioni umane, poichè il suo oggetto è proprio ciò che ciascun parlessere costruisce, per lo più a sua insaputa, per sostenersi nell'esistenza procurandosi del piacere e il più delle volte per soddisfare la pulsione di morte. Si tratta di una occupazione che impegna talmente gli esseri parlanti da dimenticare persino l'oggetto stesso dei loro scambi.

L'atto dello psicoanalista e il desiderio che lo abita

Che cosa muove i parlesseri al di là della loro domanda immediata?
Lo psicoanalista è per caso colui che avrebbe la risposta a questa domanda? Diciamo che egli sa il significante che è la causa del sintomo, ne identifica la significazione fallica, quando la castrazione è all’opera, e il più-godere cui ci si aggrappa.
Il sapere dell’analista è un sapere paradossale che oscilla tra il sapere dell’impotenza, vale a dire il vicolo cieco del SsS cui mira il percorso della cura analitica, e il sapere dell’impossibile, un sapere sull’atto analitico a cui si mira nel dispositivo della passe.
Occorre distinguere infatti il sapere analitico dal sapere inconscio. Il sapere dell’inconscio è un sapere senza soggetto che è decifrabile, mentre il sapere analitico è un sapere sull’atto, un sapere non accessibile tramite i significanti, un punto zero del sapere.
Si tratta di affrontare l’orrore dell’atto che spinge un soggetto in analisi verso l’orrore di sapere ciò che ne è del posto di questo sembiante d’oggetto a di cui deve occupare il posto per produrre altri analisti.
Tuttavia Lacan invita lo psicoanalista a non parcheggiare nella posizione dell’atto. Egli invita lo psicoanalista a ridivenire analizzante, a far alternare la via analizzante e l’atto analitico, per rinnovare la sua relazione con l’inconscio e riprodurre il desiderio dell’analista. Il desiderio dell’analista implica quindi un contributo da dare al sapere analitico.
L’atto analitico, concetto su cui si discute poco, lo si suppone a livello dell’interpretazione da parte dell’analista.
Innanzi tutto possiamo notare che a prima vista potrebbe sembrare contradditorio parlare di atto in psicoanalisi, dal momento che la posizione dell’analista è caratterizzata dal suo non-agire. Il fatto è che l’atto non è l’agire, come ci spiegheranno coloro che hanno lavorato per uno dei seminari di clinica nelle istituzioni. L’atto si sostiene sempre su un dire.
Lacan, nel suo seminario L’atto psicoanalitico e poi nel suo intervento Discorso all’Ecole freudienne de Paris pubblicato in Autres écrits, mette in rilievo che la passe è il momento in cui l’atto può essere verificato nel momento in cui si produce, poiché il passaggio da analizzante ad analista è precisamente questione di atto analitico.
Lacan si occupa dell’atto analitico lungo tutto l’arco del suo insegnamento, ma in particolare dopo il 1967 se ne occupa nel Seminario sull’atto analitico, nel resoconto di quel seminario pubblicato negli Autres écrits, nella lezione del 4 giugno 1969 del seminario D’un Autre à l’autre.
Come si caratterizza l’atto analitico, da cui l’analista trae il suo statuto di analista? Nel seminario l’Atto psicoanalitico Lacan ci dice che lo psicoanalista nel suo atto, si offre come supporto, in un processo di sapere, del ruolo di oggetto di causa del desiderio. Questo fa sì che il sapere di cui si tratta non sia altro che realizzazione significante che ha una certa familiarità con il fantasma, perciò che rivela elementi fondamentali del fantasma. Siamo alla fine degli anni ’70 e Lacan considera che la fine dell’analisi sia costituita dall’attraversamento del fantasma.
Notiamo che non basta che l’analista assuma il posto di sembiante dell’oggetto causa di desiderio per quel soggetto perché ci sia atto analitico, occorre che offrirsi in quella posizione di supporto dell’oggetto causa di desiderio sia fatto in un certo processo di sapere legato quindi al sapere ottenuto nell’analisi.
Questo sapere non è messo da Lacan a profitto dell’analista che conduce la cura. Il suo posto non è di essere beneficiario del sapere, ma strumento della rivelazione. Questo significa anche che non è il sapere che caratterizza la posizione dell’analista e che costituisce la qualifica di analista. Questo riguarda invece sicuramente piuttosto comune nel campo delle psicoterapie in cui lo psicoterapeuta si considera detentore di un sapere su determinate questioni relative ai sintomi e alla loro risoluzione.
Se l’oggetto causa di desiderio è il perno dell’atto, questo significa che non è in quanto soggetto che l’analista opera. Per questo Lacan dice che lo psicoanalista nell’atto analitico non pensa. Per funzionare come sembiante di oggetto e non come soggetto di sapere, l’analizzante ha dovuto fare tutto un percorso che è iniziato con la credenza nel Soggetto supposto sapere, che è la risorsa del transfert, per arrivare alla fine a destituire soggettivamente il suo analista del sapere che gli aveva supposto. Ecco una particolarità dell’atto analitico.
Lo psicoanalista è il solo a poter mettere in causa questa funzione del SsS, poiché l’atto avviene in un dire che cambia il soggetto.
Lacan insiste molto sul fatto che l’essenziale, dal punto di vista dell’atto, non è che alla fine dell’analisi lo psicoanalista divenga per l’analizzante l’oggetto causa di desiderio, ma che l’analista sia implicato come sembiante dell’oggetto causa di desiderio sin dall’inizio e lungo tutto il percorso.
Se l’oggetto è presente da subito e l’analista ne è il suo supporto, tuttavia egli non è soltanto oggetto e il cambiamento che lo tocca ha una certa progressività nel corso della cura. Perciò seppure l’oggetto causa di desiderio sia presente dall’inizio della cura, ci vuole tutto il necessario lavoro analizzante perché al termine dell’operazione l’oggetto riappaia nel reale, vale a dire rigettato dall’analizzante. E l’analista non fa che rappresentare questo oggetto evacuato.
 

Rosa Elena Manzetti

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