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Psicoanalisi Oggi

L'attualità della psicoanalisi
A cura di Rosa Elena Manzetti con la collaborazione di Mary Nicotra

Psicoanalisi Oggi

25 Gennaio 2011

Cosa guarisce la psiconalisi?

Lacan diceva in Television che “il discorso analitico, lui, fa promessa: di introdurre del nuovo” e anche che “La psicoanalisi vi permetterebbe di sperare sicuramente di portare in chiaro l'inconscio di cui siete soggetto. Ma ognuno sa che non vi incoraggio nessuno, nessuno il cui desiderio non sia deciso”.

Cosa guarisce la psiconalisi?

La psicoanalisi può indubbiamente promettere un cambiamento, a partire da ciò che della parola dell’analizzante si scrive, ma non può promettere l’incontro riuscito, completo, con il partner in amore, soprattutto perché sa che tra l’uno e l’altro c’è sempre un muro e che il partner della coppia tiene sempre soltanto il posto del vero partner, dell’oggetto causa di desiderio per un verso e del godimento dell’inconscio dall’altra, quando il partner è sintomo di un altro corpo. Non può promettere alcun buon incontro in nessun ambito. Dell’incontro, sempre mancato quindi, tra due partner, può soltanto creare le condizioni. Essa procede, come diceva Marie-Héléne Brousse al convegno di Parigi 2010, verso ciò che non è né una malattia né una guarigione, ma soltanto una soluzione, cioè un saperci fare che permette, lungo il percorso che una vita è, di non mettere i piedi sulle bombe che lungo esso si annidano, ma per ciascuno in modo singolare.
La psicoanalisi, con Freud e Lacan, riconosce che il linguaggio è l’unico strumento di accesso alla verità soggettiva e al godimento,  e constata che da ciò ne consegue il fatto che la verità è propria a ciascuno perché essa trova il proprio fondamento sul fatto che ciascuno ha un godimento singolare. Questo pone la psicoanalisi in posizione  rovesciata rispetto al cognitivismo.
Sappiamo che la finalità della psicoanalisi non è di porre fine alla possibilità del transfert: l’esperienza psicoanalitica piuttosto trasforma la modalità del transfert, nel cui spazio si tratta di accogliere la reiterazione di quei passaggi al reale, di quelle intrusioni dell’inconscio reale, fuori senso, di cui sono un buon esempio i lapsus, le dimenticanze, i sintomi. Si tratta di quelle intrusioni di non-senso che testimoniano di come l’inconscio reale non abbia una finalità e un valore di scambio,  ma invece un valore d’uso di godimento.
Perciò l’esperienza psicoanalitica non ha la finalità di porre fine a ciò cui non si può porre fine, vale a dire all’inconscio reale, che è ciò che rende impossibile il dialogo, ma che allo stesso tempo produce il desiderio di parola.
Questo non toglie che vi siano molte psicoterapie che promettono proprio di rendere il dialogo possibile, l’incontro riuscito e la felicità senza pieghe: è proprio ciò che avviene nella società in cui viviamo che tende a costruire e mantenere un unico legame, quello tra l’individuo e i prodotti di consumo, lasciando gli individui sempre più esposti alla precarietà e alla solitudine.
Gli psicoanalisti accolgono i malesseri e il disagio ma non sognano di sopprimerlo. Ciò che interessa agli psicoanalisti è la divisione che produce l’inconscio individuale, che innalza una barriera che separa i disagi e gli agi standardizzati dalla verità del godimento, una verità che in ciascuno risponde con dei sembianti e delle finzioni sempre particolari, che differenziano dalla massa e che si rivelano soltanto in una esperienza psicoanalitica.
Alcune persone cominciano  un’analisi sperando di venire a capo degli affetti dolorosi che producono i sintomi e persino alcuni sognano di padroneggiarli. Quando invece ci si pone la questione di sapere da dove vengono quegli affetti dolorosi che producono i sintomi, vuol dire che si hanno già le prime risposte di apertura dell’inconscio, vale a dire che ci si domanda quale lingua caduta in disuso veicoli il sintomo, come decifrarla e identificare la causa del sintomo.
Freud di fronte ai sintomi diceva che sono il prodotto dell’inconscio che ritorna e  della compulsione alla ripetizione. Lacan, situandosi nel solco aperto da Freud, come risposta alla domanda ‘da dove vengono i sintomi ?’ formula che le formazioni dell’inconscio, tra cui i sintomi, sono la risposta, l’interpretazione particolare di un soggetto, la sua ipotesi sul reale del godimento singolare che tocca il suo corpo.
Ciascun psicoanalista sa, per averne fatto esperienza nella sua analisi, che la psicoanalisi sa preservare ciò che c’è di singolare in ogni guarigione, che è sempre soltanto guarigione dall’attesa di guarire da qualcosa.
Il problema è quindi di sapere 1) come il godimento dell’individuo vivente, affetto dall’inconscio-linguaggio, si ripercuote nella serie degli affetti di quel soggetto particolare e 2) come accade che a far parlare l’inconscio in una psicoanalisi, si arrivi a trasformare qualcosa di questi effetti di affetto.
La questione fondamentale che si pone è perciò che cosa cambia sull’asse soddisfazione/insoddisfazione tramite un’esperienza psicoanalitica e che cosa resta invece di identico, incalcolabile, inanalizzabile.

Rosa Elena Manzetti

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